Lanverio si trovava intrappolato in un luogo senza tempo, dove il passato, il presente e il futuro si confondevano. Ogni passo lo spingeva più lontano dalla sua epoca, mentre la rabbia per il destino dei suoi uomini pietrificati e l’odio per la strega consumavano il suo spirito.
Arrivò infine a una sala vasta e surreale, le cui pareti erano ricoperte di specchi scintillanti. In ognuno di essi si riflettevano visioni caotiche: battaglie, terre dimenticate e volti ormai indistinguibili. Al centro della sala svettava una clessidra gigantesca, con sabbia luminosa che fluiva incessantemente in un ciclo infinito. Incisa alla base, una scritta recitava:
“La calma è la chiave. Solo chi osserva vedrà la strada giusta.”
Lanverio, tuttavia, non era disposto ad aspettare. L’ira che lo tormentava, alimentata dall’impotenza, lo spinse a disprezzare quell’enigmatica iscrizione. Impugnando la spada, si avventò sugli specchi, uno dopo l’altro, fracassando le loro superfici. Ogni specchio distrutto rilasciava una scintilla di energia temporale, deformando la stanza e facendogli intuire che quegli oggetti erano più di semplici riflessi: erano portali verso altri luoghi e tempi.
Incapace di controllare la sua furia, continuò a distruggere gli specchi, ignorando che la soluzione era proprio davanti ai suoi occhi. Solo uno specchio rimase intatto, incastonato tra i frammenti di quelli infranti. In esso, Lanverio vide un’immagine chiara e familiare: una baita solitaria tra boschi innevati. La cornice di quel portale portava un’iscrizione che diceva:
“Ogni porta aperta è una strada persa, ogni porta chiusa un viaggio negato.”
Esitò per un istante, ma poi allungò la mano verso il riflesso. Una forza travolgente lo risucchiò nel portale, scaraventandolo lontano dalla sala degli specchi. Quando riaprì gli occhi, si ritrovò nella quiete di un paesaggio diverso. Intorno a lui, la Baita di San Gemolo, ai margini di Ganna, si ergeva tra i boschi spogli. Il tempo sembrava distorto: non vi erano segni evidenti se si trovasse in un lontano passato o in un futuro incerto.
Entrando nella baita, Lanverio notò simboli e rune incisi sulle pareti che brillavano debolmente. Su un antico manoscritto lasciato aperto, una frase criptica attirò la sua attenzione:
“Il tempo non è una linea, ma un intreccio. Solo la pazienza può trovare il filo giusto.”
La consapevolezza lo colpì come una lama: nella sua rabbia aveva distrutto quasi tutti i portali che potevano riportarlo al Lago di Ghirla e ai suoi uomini pietrificati. Aveva ignorato l’avvertimento e si era perso nel gioco della strega, che manipolava presente, passato e futuro per confonderlo.
Guardando fuori dalla finestra, Lanverio vide a sud-est un lago tra i rami spogli. Un’energia misteriosa emanava da quel luogo. Serrando la spada intrisa della forza del tempo, il guerriero si incamminò in un sentiero che aveva notato a ovest della badia, giurando di porre fine al dominio della strega, riconquistare il tempo giusto e salvare i suoi compagni.
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