IL MAGLIO DI GHIRLA

Il Maglio di Ghirla: Storia e Tradizione Artigianale

Tra le strutture di interesse storico e culturale della Valganna, una menzione particolare va all’antico maglio di Ghirla, situato presso il bivio per Ponte Tresa – Cunardo. Questa struttura, recentemente restaurata, è un prezioso testimone della tradizione artigianale e della tecnologia idraulica delle nostre valli prealpine.

Le Origini del Maglio

La storia del maglio di Ghirla è strettamente legata alla figura di Mastro Ludovico Parietti (1713-1781), che ne acquistò la proprietà il 5 giugno 1777. Il maglio e il mulino erano originariamente della famiglia Jardini, proprietaria dal 1641. Successivamente, nel 1774, il chierico Giovanni Antonio Orelli acquistò le strutture dai Jardini, ma a causa di difficoltà economiche ricevette un prestito di circa 5000 imperiali da Ludovico Parietti. Nel 1777, non riuscendo a saldare il debito, Orelli vendette il maglio e il mulino al Parietti per la somma di 6.621 lire imperiali, soldi 12, denari 6, come attestato dal rogito di Giovanni Paolo Quadrupani di Induno.

L’Utilizzo del Maglio

Ludovico Parietti acquistò la proprietà con l’intento di avviare i nipoti all’arte della lavorazione del ferro, ma i giovani erano già impegnati nell’officina di famiglia a Marchirolo. Per questo, nel 1780, il Parietti affittò il mulino (ma non il maglio) a Felice Jardini fu Tommaso di Ghirla per un canone annuo di 140 lire imperiali. Tuttavia, il maglio stesso semplificava notevolmente la produzione di attrezzi agricoli e oggetti di uso quotidiano, quali ferri da camino, argani, punte e mazze, rispondendo alle necessità di contadini e artigiani locali.

La Cessione alla Famiglia Pavoni

Dopo la morte di Ludovico nel 1781, i nipoti Francesco, Ambrogio e Giuseppe Carlo, conosciuti nel territorio con il soprannome “smit” (dal tedesco “schmied”, fabbro), decisero di cedere il maglio alla famiglia Pavoni. La vendita fu curata nel 1787 dal nipote Ambrogio, che nominò il fratello Giuseppe come procuratore per completare la transazione, come riportato dal rogito di Luigi Bozzolo.

La famiglia Pavoni, specializzata in articoli da maniscalco e oggetti di ferro di alta qualità, mantenne attiva la struttura con alterne fortune fino alla metà del Novecento. Grazie al loro lavoro, il maglio rimase un centro di eccellenza artigianale, producendo ferri agricoli, catenacci, vere per tini e altri manufatti di pregio.

Innovazioni Tecnologiche e Uso delle Acque

Nel 1846, l’ingegnere Giacinto della Beffa realizzò una deviazione presso la località Ghetto per potenziare l’afflusso di acqua al torrente Margorabbia. Questo intervento garantì al maglio una continuità operativa anche nei periodi di magra, permettendo di soddisfare la crescente domanda di prodotti artigianali di alta qualità.

La Modernità del Maglio di Ghirla

Con l’avvento delle macchine a vapore e dei motori a scoppio, il ruolo del maglio idraulico divenne via via meno rilevante. Tuttavia, la Comunità Montana ha acquisito la proprietà del maglio, che è stato restaurato per preservarne la memoria storica e culturale. Oggi è sede di esposizioni e rassegne culturali, rappresentando un ponte tra la tradizione artigianale del passato e le nuove generazioni.

Riflessioni Sull’Eredità Artigianale

Come ricordato da Gianalberto Ferrari nel 1997, gli antichi mestieri della Provincia di Varese, tra cui il fabbro e il maniscalco, hanno radici profonde negli archivi storici del territorio. I trasporti, effettuati con carri trainati da buoi e cavalli, garantivano una costante richiesta di attrezzi per l’agricoltura e per la manutenzione degli animali. Il maglio di Ghirla è un emblema di questa ricca eredità artigianale e culturale, testimoniando l’ingegno e la dedizione delle generazioni che hanno vissuto e lavorato in queste valli.

Conclusione

La storia del maglio di Ghirla non è solo una cronaca di eventi e passaggi di proprietà, ma è il racconto di una comunità che, sfruttando le risorse naturali e la propria capacità artigianale, ha saputo creare un’economia locale capace di resistere nei secoli. Oggi, grazie agli sforzi di conservazione, possiamo continuare a conoscere e valorizzare questo patrimonio unico, simbolo di un legame inscindibile tra uomo, natura e lavoro